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28.08.2023

Le organizzazioni avvertono che ci saranno più morti nel Mediterraneo se l'ostruzione delle navi di soccorso continua

Dopo l'arresto di tre navi di soccorso in Italia, tra cui la SEA-EYE4 dell'alleanza United4Rescue, 60 organizzazioni mettono in guardia da un aumento delle morti nel Mediterraneo. Dall'inizio del 2023, le autorità italiane hanno effettuato otto fermi di navi e comminato multe fino a 10.000 euro. Per 160 giorni, le navi di soccorso non hanno potuto effettuare salvataggi a causa dei fermi. Come ultima conseguenza, le organizzazioni sono minacciate di confisca delle loro imbarcazioni, che le costringerebbe a cessare definitivamente le loro attività. A ciò si aggiunge la nuova prassi delle autorità italiane di assegnare porti molto lontani per lo sbarco delle persone soccorse. In questo modo le navi di soccorso rimangono ancora più a lungo lontane dalla zona di intervento.

In una dichiarazione congiunta, le organizzazioni sottoscritte chiedono di porre immediatamente fine all'ostruzione delle operazioni di ricerca e salvataggio dei civili nel Mediterraneo centrale. Se l'ostruzione degli aiuti umanitari in mare continuerà, potremmo assistere a una presenza drasticamente ridotta o addirittura assente di navi di soccorso civili in mare entro la fine dell'anno.

Leggi la dichiarazione completa qui:

Allarme urgente: Aumentano le morti in mare, bloccate le navi delle ONG - Gli Stati Membri dell’Unione Europea devono interrompere immediatamente l'ostacolo agli sforzi di ricerca e soccorso della flotta civile nel Mediterraneo centrale

Nel giugno 2023, circa 600 persone hanno perso la vita nell'ennesimo naufragio evitabile al largo delle coste greche. Come società civile siamo sconvolti dalle morti prevenibili che si verificano ogni anno nel Mediterraneo centrale. Mentre ogni singola nave è urgentemente necessaria per prevenire la crescente perdita di vite umane sulla rotta migratoria più mortale del mondo, gli Stati membri dell'UE - Italia in testa - ostacolano attivamente gli sforzi di ricerca e soccorso civili.

Ad oggi Aurora, Open Arms e Sea-Eye 4, tre navi civili completamente equipaggiate per la ricerca e il soccorso (SAR), non possono operare in mare. I tre provvedimenti di fermo, emessi dalle autorità italiane in meno di 48 ore, si aggiungono alla significativa casistica di ostruzione amministrativa che le ONG SAR hanno dovuto affrontare quest'anno. Dall'inizio del 2023, ci sono stati otto casi di fermo di navi ONG in Italia. Alle navi civili di ricerca e soccorso Aurora, Geo Barents, Louise Michel, Mare*Go, Open Arms e Sea-Eye 4 è stato impedito di uscire in mare per 20 giorni, sulla base di regolamenti illegittimi. Sia Aurora che Sea-Eye 4 sono state trattenute per la seconda volta quest'anno. Questi fermi hanno tenuto lontane le navi delle ONG SAR per un totale di 160 giorni, nei quali avrebbero potuto essere impiegate per salvare persone da imbarcazioni in difficoltà e per prevenire i naufragi che si verificano quotidianamente nel Mediterraneo centrale.

L'accanimento amministrativo si basa su una recente legge [1] dello Stato membro dell'UE, l'Italia, che aumenta i requisiti per le navi delle ONG che svolgono attività di ricerca e soccorso e introduce sanzioni in caso di inosservanza. Le nuove misure fanno parte di una lunga storia di criminalizzazione e ostruzione delle attività di ricerca e soccorso civili in Italia. Applicando la legge, le autorità italiane ordinano alle navi SAR di dirigersi verso un porto assegnato immediatamente dopo un soccorso - anche in situazioni in cui vi siano casi aperti di imbarcazioni in difficoltà nelle vicinanze della nave ONG. Ciò significa che la nuova legge nazionale fa pressione sui capitani della flotta civile affinché disobbediscano al diritto marittimo internazionale e all'obbligo di soccorso. Le autorità italiane stanno quindi di fatto limitando le operazioni di soccorso, in contrasto con l'obbligo legale internazionale di soccorso.

La legislazione è aggravata dalla prassi del Governo italiano di assegnare "porti lontani", imponendo alle navi ONG di sbarcare le persone soccorse in porti distanti fino a 1.600 km e a 5 giorni di navigazione dal luogo del soccorso. Secondo il diritto internazionale, lo sbarco delle persone soccorse in un luogo sicuro dovrebbe avvenire "non appena ragionevolmente possibile", con "la minima deviazione dal viaggio della nave" e il tempo che i soccorsi trascorrono a bordo dovrebbe essere ridotto al minimo [2]. Tuttavia dal dicembre 2022, in più di 60 casi le autorità italiane hanno assegnato alle navi ONG un porto eccessivamente e inutilmente distante. Inoltre, le autorità italiane hanno recentemente dato ripetutamente istruzioni alle navi delle ONG di richiedere un posto sicuro in Tunisia per le persone soccorse in mare. Con una grave mancanza di protezione per i richiedenti asilo e nel mezzo di un'ondata di violenza contro le popolazioni migranti, la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro. Sbarcare le persone soccorse sulle sue coste sarebbe una violazione del diritto internazionale.

Le ONG che non si sono conformate alle richieste illegittime delle autorità italiane sono state multate fino a 10.000 euro e le loro imbarcazioni sono state trattenute per 20 giorni. Tutte le ONG che svolgono attività di ricerca e soccorso in mare rischiano ora ulterior wa i multe e fermi. Secondo la legge italiana, il ripetersi di inadempienze porterà al sequestro delle imbarcazioni, con la conseguente cessazione definitiva delle attività.

La detenzione e il possibile sequestro delle navi delle ONG e l'assegnazione di porti lontani limitano le navi nelle loro operazioni di soccorso. Sappiamo dalle restrizioni imposte dal Governo greco alle ONG di ricerca e soccorso nel settembre 2021, che le ostruzioni striscianti che si verificano ora in Italia finiranno per ridurre il numero delle navi di soccorso civili attive e di conseguenza l’aumento di perdite di vite umane nel Mediterraneo.

Come organizzazioni non governative, associazioni e iniziative che si battono per l'accesso alla protezione e al rispetto dei diritti fondamentali delle persone in movimento, siamo stati testimoni della micidiale politica di chiusura e deterrenza dell'UE. Questa politica non porta ad un minor numero di persone che cercano di attraversare, ma a maggior sofferenza e morte. Mentre l'Italia - sostenuta dalla maggioranza silenziosa degli Stati membri dell'UE - ha messo in atto queste misure restrittive, il numero di naufragi mortali è aumentato drammaticamente, rendendo l'anno 2023 già uno dei più letali degli ultimi anni. L'aumento dei naufragi rende ancora più evidente l'urgenza di ulteriori mezzi per la ricerca e soccorso.

Pertanto lanciamo un appello urgente all'UE e ai suoi Stati membri: se l'ostruzione dell'assistenza umanitaria in mare continua, potremmo assistere entro la fine dell'anno ad una drastica riduzione o addirittura all'assenza di navi di soccorso civile in mare. Le conseguenze saranno ancora più letali, poiché la grave limitazione degli sforzi di soccorso civile non fermerà i tentativi di attraversamento delle persone. Chiediamo quindi all'UE e ai suoi Stati membri di agire con urgenza e di fermare il blocco illegittimo delle navi del soccorso civile in Italia. Tutte le navi SAR devono essere rilasciate immediatamente e le multe previste dalla legge devono essere annullate. La legge italiana che limita le attività di ricerca e soccorso delle ONG nel Mediterraneo centrale deve essere revocata immediatamente e al suo posto deve essere applicato il diritto marittimo internazionale e l’osservazione dei diritti umani come quadro di riferimento per tutti gli attori in mare. La Commissione europea deve contrastare la crescente violazione dei principi fondamentali dello Stato di diritto da parte dei suoi Stati membri alle frontiere esterne dell'UE. Inoltre, gli Stati dell'UE devono creare corridoi legali e sicuri per evitare che le persone siano costrette ad imbarcarsi su navi non idonee alla traversata.

[1] Decreto legge n. 1/2023, modificato dalla legge n. 15 del 24 febbraio 2023.
[2] Emendamenti del 2004 alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio in mare (1979), risoluzione MSC.155(78) dell'IMO, 3.1.9; risoluzione MSC.167(78) dell'IMO, 2004, 6.8.

Primi firmatari:
CompassCollective, EMERGENCY, iuventa-crew, Louise Michel, Maldusa, MARE*GO - Zusammenland gUG, Médecins Sans Frontières, MEDITERRANEA Saving Humans, Mission Lifeline, Open Arms, ResQ - People Saving People, RESQSHIP, r42-SailAndRescue, Sea-Eye e. V., Sea-Punks, Sea-Watch e.V., SMH - Salvamento Marítimo Humanitario, SOS Humanity, SOS MEDITERRANEE

Secondi firmatari:
United4Rescue, Alarm Phone, borderline-europe, PRO ASYL, Statewatch, Seebrücke, Human Rights at Sea , Lighthouse Relief, aditus foundation, I Have Rights., La Cimade, Channel Info Project from l’Auberge des Migrants, Progetto Mem.Med, LasciateCIEntrare, Melitea, Convenzione per i diritti nel Mediterraneo, Abolish Frontex Roma, Stop Border Violence, Asmara’s World, Gisti (Groupe d’information et de soutien des immigré·e·s), Seebrücke Frankfurt am Main, Pasaje Seguro Cantabria, Medici del Mondo, Alarme Phone Sahara, Are You Syrious?, migration-control.Info Projekt, Lungo la Rotta Balcanica, Migreurop, ASGI Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, Ärzte der Welt e.V. / Médecins du Monde Germany, #LeaveNoOneBehind, Europasilo, Associazione Don Vincenzo Matrangolo E.T.S., MoCi A.p.s., Recosol (Rete delle comunità solidali), Boza Fii (Benn Kaddu - Benn Yoon), Europe Must Act, Migrant Women Association Malta, SOS Malta, Blue Door Education, Avocats Sans Frontières (ASF)

Conto delle donazioni

United4Rescue – Gemeinsam Retten e.V.
IBAN: DE93 1006 1006 1111 1111 93
BIC: GENODED1KDB
Bank für Kirche und Diakonie eG – KD-Bank

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